Simbolo di fedeltà

“Un cane non se ne fa niente di macchine costose, case grandi o vestiti firmati. Un bastone marcio per lui è sufficiente. A un cane non importa se sei ricco o povero, brillante o imbranato, intelligente o stupido, se gli dai il tuo cuore lui ti darà il suo. Di quante persone si può dire lo stesso? Quante persone ti fanno sentire unico, puro, speciale? Quante persone possono farti sentire… straordinario?”

da “Io e Marley”

Oggi voglio iniziare con questa bellissima frase tratta dal finale di un film in cui i protagonisti, i neosposi John e Jenny, decidono di adottare un cane, un cucciolo di Labrador che chiamano Marley in onore del cantautore giamaicano Bob Marley. Marley si rivela, a dispetto del suo dolcissimo aspetto, un cucciolo davvero vivace, forse fin troppo, ne combina di ogni ma come ogni migliore buon amico dell’uomo ama incondizionatamente i suoi “familiari” consolando, ad esempio, Jenny anche in un momento per lei triste e doloroso, e diventando poi un amico per i loro bambini.

Ma la vita, si sa, è un viaggio fatto di momenti bellissimi, e inevitabilmente anche di alcuni tristi, e come ogni viaggio ha un inizio e una fine. Marley, ormai vecchio e ammalato, muore lasciando in tutti una profonda tristezza ma anche la gioia di aver condiviso parte della propria vita con “un grande cane” che li ha “amati ogni giorno qualunque cosa accadesse”, a prescindere, quindi, da qualsiasi cosa!

Ecco, i cani sono semplicemente fedeli, sempre e comunque, ed è proprio come simbolo di fedeltà che sono spesso stati rappresentati nelle opere d’arte, come nel caso del celebre ritratto dei Coniugi Arnolfini realizzato da Jan Van Eyck.

Jan Van Eyck, I Coniugi Arnolfini, 1436, olio su tela. Londra, National Gallery

L’artista fiammingo inserisce i personaggi in un ambiente borghese, la camera degli sposi, dando vita ad un’opera suggestiva che si presta a numerose interpretazioni e racchiude in sé diversi significati simbolici, non limitandosi ad essere una semplice rappresentazione del matrimonio tra i due, tanto che alcuni ritengono sia più che altro la rappresentazione della promessa e, dunque, del momento del fidanzamento.

Ad ogni modo l’opera pullula di oggetti che, a chi guarda superficialmente l’opera nel suo insieme, potrebbero sembrare irrilevanti ma che, in realtà, racchiudono dei significati ben precisi divenendo simboli della vita in generale e più precisamente della vita spirituale, come avviene per l’unica candela accesa sul candelabro che pende dal soffitto.

Jan Van Eyck, I Coniugi Arnolfini, dettaglio della candela

Nella fiamma di quest’ultima si uniscono, insieme alla cera e allo stoppino, il fuoco e l’aria tanto che il poeta Novalis direbbe che in essa sono attive tutte le forze della natura, inoltre, nella sua verticalità, rappresenta la vita ascendete verso il cielo.

Altro oggetto da non sottovalutare è lo specchio, lo vedete, lì, sulla parete di fondo della camera da letto?

Jan Van Eyck, I Coniugi Arnolfini, dettaglio dello specchio

Esso funge, prima di tutto, come espediente per rappresentare ciò che c’è nella stanza ma che si trova dietro il nostro sguardo, compreso l’artista che realizza l’opera, in più è simbolo dell’anima perché, come scrive Gregorio di Nissa, “come lo specchio ben costruito riceve sulla sua superficie ben levigata i tratti di chi gli sta di fronte, così l’anima, purificata da tutte le macchie della terra, riceve, nella sua purezza, l’immagine della bellezza incorruttibile”.

Ma, c’è un però: nello specchio ritroviamo i coniugi di spalle, i personaggi che sono loro di fronte, tutti i dettagli della camera da letto ma non il cagnolino. Quel cane dagli occhietti vispi che, come abbiamo detto all’inizio, è simbolo di fedeltà e dunque perfetto nella rappresentazione di un’unione coniugale, non è accompagnato dal suo riflesso nello specchio.

Viene da chiedersi: che fine ha fatto il migliore amico dell’uomo? Che sia stato aggiunto dopo senza modificare l’immagine nello specchio? L’artista lo ha forse dimenticato? Sembrerebbe davvero difficile crederlo!

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