I Simpson e Banksy

Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie … di chi stiamo parlando? Ovviamente della famiglia Simpson.

Serie animata nata nel 1987, come parodia della società e dello stile di vita statunitense, dalla fantasia del fumettista Matt Groening, ha raggiunto un successo planetario debuttando in prima TV il 17 dicembre 1989.

Ognuno di voi avrà visto almeno una puntata della serie o, comunque, anche ai meno appassionati sarà capitato di vedere qualche scena (che sia in TV o sul web poco importa), e sicuramente avrete ben presente anche la sigla. Oggi è proprio su quest’ultima che voglio porre l’attenzione.

Il tema strumentale venne composto da Danny Elfman nel 1989 e già nel 1990 venne nominato agli Emmy nella categoria “Miglior tema musicale”. Esso è il sottofondo che accompagna le scene iniziali che sono un po’ un riassunto della quotidianità della famosa famiglia gialla: Bart a scuola che scrive sulla lavagna, Homer impiegato nel suo lavoro durante il quale non manca di commettere errori, Marge che porta con sé al supermercato la piccola Maggie che per sbaglio viene “passata in cassa” come un prodotto qualsiasi, Lisa impegnata nelle sue lezioni di musica, fino ad arrivare all’ultima scena: quella del divano.

Queste scene precedono ognuna delle puntate della serie, ormai chi non ha mai perso un episodio le conosce davvero a memoria, è per questo che coloro che erano magari seduti sul loro divano in attesa della terza puntata della ventiduesima stagione, avranno notato alcune stranezze già a partire dal primo mezzo minuto della sequenza di apertura: cosa ci fa il nome “Banksy” spruzzato sul cartellone di Krusty il Clown? E sul muro della scuola? Non è certo casuale.

È proprio l’artista di Bristol, colui che è stato definito anche il “Robin Hood della Street Art”, ad essere stato l’ideatore dello storyboard della sigla dell’episodio “MoneyBart”. Ovviamente l’intervento dell’artista non lo si coglie solo nella “firma” sul cartellone pubblicitario e sul muro, infatti, ad esempio, la frase scritta da Bart alla lavagna recita: “I must not write all over the walls” e risulta, dunque, essere un chiaro riferimento all’attività dello street artist. Ma l’intervento vero e proprio di Banksy si ha nelle immagini che seguono la famosa scena in cui i componenti della famiglia Simpson si ritrovano tutti riuniti di fronte alla TV. Il tono diventa più cupo, le immagini più scure, siamo in un sotterraneo in cui decine di disegnatrici sono impegnate a produrre in serie le immagini della nota famiglia di Springfield che poi vengono intinte in un acido verdognolo da un bimbo scalzo che inevitabilmente diventa il simbolo dello sfruttamento del lavoro minorile. Ma le donne e il bambino non sono gli unici a lavorare in condizioni disumane e privi di ogni sistema di sicurezza. Scale in legno, semplicemente accostate a pareti rocciose, conducono ai piani inferiori, in grotte in cui vengono realizzate T-shirt a tema Simpson, dvd il cui foro viene realizzato servendosi del corno di uno stremato unicorno, e Bart in versione pupazzo per il cui riempimento viene utilizzato il pelo di gattini prelevati ancora vivi da numerose gabbie e tritati per lo scopo. L’ambiente circostante è reso ancora più tetro dagli scheletri umani, posti negli angoli, che possiamo interpretare come simboli della morte dovuta a condizioni di vita precarie.

Sono evidenti le tematiche affrontate: dallo sfruttamento dei lavoratori (compresi i bambini) a quello degli animali, fino a giungere alla non salvaguardia delle specie protette ravvisabile ad esempio nel panda che traina un carretto o nella testa mozzata di un delfino la cui lingua viene utilizzata per chiudere gli scatoloni.

Inoltre i lavoratori sono tutti asiatici e questo pare non sia un caso ma, probabilmente, un’esplicita critica alla decisione della Fox di esternalizzare parte della produzione in Sud Corea.

Inutile dire che l’intervento di Banksy è stato anche molto criticato. Dopotutto o lo si ama o lo si odia!

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